La ripresa dei consumi di prodotti surgelati, che hanno raggiunto in Italia il nuovo massimo storico di 13,9 chili pro capite annui, è un fenomeno che riguarda tutta Europa e non solo, a riprova di un andamento generalizzato a livello internazionale.
In proposito il nostro Rapporto 2017 dei consumi dei prodotti surgelati in Italia riporta i dati dettagliati relativi al Paese capofila dell’Unione Europea, la Germania, resi noti dal DTI (Deutsches Tiefkühlinstitut), l’Associazione dell’Industria dei Cibi Surgelati di quel Paese.
Nel 2017 il mercato tedesco degli alimenti surgelati è aumentato del +2,7% in volume rispetto all’anno precedente, passando da 3 milioni 632 mila a 3 milioni 730 mila tonnellate. Ancora più rilevante l’aumento in valore, +3,9%, con vendite pari a 14,343 miliardi di euro (mezzo miliardo in più rispetto ai 13,806 del 2016). Tenendo presente che la popolazione tedesca è pari a 80,6 milioni di abitanti, ogni tedesco, neonati compresi, ha speso l’anno scorso 178 euro per acquistare cibi surgelati.
Sono tutti numeri record per la Germania, come anche quello del consumo medio pro capite annuo, che ha toccato nel 2017 i 46,3 chili (quasi uno in più rispetto ai 45,4 del 2016), mentre il consumo medio per famiglia ha raggiunto i 92,8 chili. Ma ancor più significativa è la durata ormai ventennale della crescita, un trend che rende il fenomeno strutturale e ampiamente consolidato: come indica il grafico sottostante, nel 1997 il consumo pro capite di surgelati era di 26,6 chili; dieci anni dopo, nel 2007, era salito a 38,1; ora siamo a 46,3.
Per spiegare questi numeri, i produttori tedeschi adducono ragioni sostanzialmente identiche – non potrebbero essere altrimenti – a quelle espresse per dar conto dell’aumento registrato nel nostro Paese: la ripresa economica in corso (anche se con diverse velocità da Paese a Paese) e l’aderenza dei prodotti surgelati ai nuovi stili di vita e trend di consumo alimentare sempre più diffusi tra la popolazione.
“I prodotti surgelati – afferma il DTI – risolvono problemi in termini di dieta giornaliera, sia alle famiglie sia agli utenti professionali del settore della ristorazione. Hanno successo grazie a caratteristiche come freschezza, gusto, facilità di preparazione, qualità e conservabilità. Inoltre – prosegue – l’evoluzione delle abitudini alimentari tradizionali incoraggia la domanda di cibi pronti e snack, e in generale comporta una focalizzazione sul consumo di pasti fuori casa durante la giornata”. Anche sui consumi domestici emerge un’altra analogia rispetto all’Italia: è l’aumento delle vendite di surgelati a domicilio (+2% a volume), a conferma di quanto il fattore “risparmio di tempo”, unito a un forte rapporto di fiducia verso il venditore, diventi sempre più centrale nella spesa alimentare privilegiando, nel caso specifico, l’acquisto di surgelati.
Ovviamente, come nota il Rapporto 2017, non mancano le differenze fra il nostro Paese e la Germania:
- la prima, e più evidente, è che i consumi pro capite di alimenti surgelati da parte dei tedeschi sono più del triplo (3,3 volte per la precisione) di quelli italiani;
- la seconda è la più forte diffusione degli alimenti surgelati tedeschi nel settore del fuori casa (Catering) rispetto a quello domestico (Retail): 886 mila tonnellate contro 876 mila, con un rapporto di 1 a 1, mentre nel nostro Paese lo stesso rapporto è di 3 a 5 (310 mila contro 531.500 tonnellate).
Alla base della prima differenza c’è, come noto, la disponibilità nettamente superiore di prodotti alimentari freschi nel nostro Paese e, in misura diversa, in tutti quelli che si affacciano sul Mediterraneo. Mentre lo slancio in Germania del business del fuori casa deriva dai cambiamenti in atto nella società tedesca in termini di mobilità, di alto tasso di occupazione e di un ambiente economico complessivamente più positivo di quello italiano.
Tutto ciò premesso, è previsione degli esperti che le tendenze economiche e sociali in atto nel Paese capofila dell’Unione Europea e, in generale, nei Paesi più avanzati a livello mondiale, coinvolgeranno – pur con tempi e modalità non del tutto prevedibili – anche il nostro. In tale contesto, è più che ragionevole prevedere che il consumo di alimenti surgelati in Italia sia destinato a crescere, in futuro, a ritmi significativi.
Una indiretta conferma di un trend generalmente favorevole ai consumi di cibi surgelati è venuta negli ultimi mesi dal mondo anglosassone. A inizio primavera il Daily Express ha pubblicato un articolo intitolato “Fresh vs frozen: Why buying frozen food could save money, keep you healthy and stop waste”, in cui si legge, fra l’altro, che nel Regno Unito “l’acquisto di surgelati è destinato ad essere la grande tendenza del 2018 e va di pari passo con la riduzione al minimo dello spreco alimentare”. Tutto questo mentre in termini di risparmio economico, e a parità di prodotti e di qualità organolettiche e nutrizionali, è stato ricordato che “un paniere di generi alimentari surgelati per la famiglia costa 15,45 sterline, lo stesso paniere di prodotti freschi 23,25”: un terzo in meno.
Un paio di mesi dopo l’agenzia Bloomberg ha pubblicato sul proprio sito un articolo che dà conto della ripresa, dopo cinque anni di diminuzione, dei consumi di cibi surgelati negli Stati Uniti (“Frozen Food Is Making an Unlikely Comeback”). Premesso che, malgrado le suddette diminuzioni, il consumo pro capite annuo Usa supera i 50 chili (valore maggiore di quello tedesco), e che Nielsen stima per quest’anno in 53 miliardi di dollari il valore del mercato statunitense degli alimenti surgelati, l’articolo attribuisce la ripresa al successo che tali prodotti riscuotono tra la nuova generazione dei consumatori, quella dei Millennials, “adulti dai venti ai trent’anni, impegnati e attenti alla salute”, che “non hanno tempo di consumare un pasto completo a base di carne e di prodotti freschi e vedono sempre più i surgelati come una valida opzione”.
E poiché il futuro è dei Millennials di tutto il mondo, le prospettive che si aprono per i loro alimenti preferiti sono, a dir poco, promettenti.