7 Luglio 2021 – Prima dello scoppio della pandemia da Covid-19, i prodotti surgelati erano considerati preziosi alleati di chef e ristoranti nel garantire tutto l’anno ai clienti un’offerta di piatti diversificata e creativa, indipendentemente dalla stagionalità delle materie prime. Nel Fuoricasa, i consumi di frozen food avevano raggiunto performance significative, balzando dai 67,4 miliardi del 2008 agli 83 miliardi del 2018, con un ulteriore +1,1% registrato nel 2019.
Nel 2020, l’arrivo del Covid-19 e le conseguenti restrizioni del decreto #iorestoacasa hanno confinato la socialità fra le mura domestiche, determinando un crollo di tutto il Fuoricasa. La crisi ha colpito anche gli alimenti surgelati causando un -37% nel volume dei consumi fuori dalle mura domestiche, con una brusca inversione di tendenza rispetto a un trend che, negli anni precedenti, era sempre stato connotato da un aumento costante.
La ristorazione, drammaticamente penalizzata dalle chiusure forzate, ha pagato le conseguenze più amare, ma oggi – con il graduale ritorno a una “nuova” normalità e una parallela ripresa dell’economia – si appresta a ripartire. E i prodotti surgelati, già imprescindibili alleati della ristorazione nella difficile fase di incertezza dei mesi scorsi, si candidano con forza a svolgere un ruolo di primo piano anche in questa ripartenza. “La fiducia negli alimenti sottozero, già largamente diffusa – commenta Giorgio Donegani, Presidente IIAS – ha compiuto nel corso del 2020 un ulteriore passo in avanti. Ne sono protagonisti da un lato i consumatori, la cui confidenza con il frozen food sta varcando le mura domestiche per arrivare sulle tavole dei ristoranti (soprattutto tra i giovani, i cosiddetti “Millennial”: 6 su 10 [1] non fanno differenza tra frozen food e prodotti freschi, quando mangiano fuori casa); dall’altro gli chef. Ed è proprio nelle scelte di chef e ristoratori che i surgelati sembrano ottenere un apprezzamento senza precedenti, basato sulla consapevolezza di avere a che fare con prodotti di alta qualità, sani e sicuri, in grado di mantenere inalterate al 100% le caratteristiche nutrizionali del miglior prodotto fresco e di farlo in ogni periodo dell’anno. Non si tratta di mettere in discussione il cibo fresco e le sue caratteristiche di eccellenza, ma l’idea che in generale identifica il fresco con il meglio. Oggi le alternative ci sono e, se si vuole il massimo in termini di qualità e sicurezza, il surgelato è un modo eccellente di arrivare al risultato”.
Nelle cucine dei ristoranti italiani, infatti, i prodotti surgelati rappresentano sempre più spesso una scelta voluta che, insieme alla lotta agli sprechi e alla massima igienicità dei prodotti, punta dritta alla qualità. Ne è convinta la chef Sara Preceruti, che a soli 28 anni ha ottenuto 1 stella Michelin e che a gennaio 2020 – proprio poche settimane prima dell’arrivo del Covid-19 in Italia – ha aperto il suo primo ristorante milanese: “Acquada”.
L’acquazzone (in dialetto milese “acquada”) è un punto di partenza, distoglie dal passato e permette la nascita di qualcosa di nuovo. È questo il concetto alla base del progetto di Sara Preceruti che, dopo questi difficili mesi di lavoro per tutto il comparto del Fuoricasa, si augura possa ripartire più forte di prima.
Anche per lei non è stato semplice gestire la sua attività con i continui stop & go dettati dalla pandemia: dopo l’apertura del ristorante, ha dovuto subito re-inventarsi, puntare su un’offerta delivery di qualità, imparare a gestire al meglio dispensa e flussi di lavoro. E sicuramente il ricorso ai prodotti sottozero le ha dato un grande aiuto in questa fase.
“In questo anno di pandemia, i surgelati hanno giocato un ruolo fondamentale nella mia cucina per garantire zero sprechi. È stato un anno instabile, in cui non si potevano fare previsioni e i surgelati hanno pesato a nostro favore. Oggi, sebbene il lavoro sia ripartito, la situazione non è ancora quella antecedente la diffusione del virus, quindi continuano ad avere ancora adesso un ruolo importante” sostiene Sara Preceruti,
“La mia cucina punta alla massima qualità ed è fatta di contaminazioni e contrasti. Sono curiosa di provare e di sperimentare. Se un prodotto arriva dall’altra parte del mondo (penso a un pesce pescato e surgelato direttamente sulla nave) per me può essere un’opportunità. Il punto fermo e imprescindibile deve essere la qualità del prodotto. E la qualità può coincidere senza dubbio con il sottozero. Poi ci sono la tecnica e la capacità dello chef, la sua creatività. L’uso di alimenti surgelati permette grande libertà di espressione. Spesso si tende a pensare che l’alta cucina sia tutta freschissima ed espressa, ma la verità è che non può essere così. Quello che conta è scegliere materie prime di livello assoluto. E saperle trattare” conclude la chef Preceruti.
[1] Dati 2020, Ricerca BVA-Doxa per IIAS su “Surgelati e Millennial”