Non è vero che usare prodotti surgelati in un ristorante può significare imbrogliare il cliente sul piano della qualità, malgrado quanto afferma una recente sentenza della Corte di Cassazione contro il ristorante Savini di Milano che, sei anni fa, non avrebbe adeguatamente segnalato ai propri clienti con sufficiente chiarezza, attraverso gli asterischi, il possibile utilizzo di prodotti conservati in freezer. Al contrario, oggi “molti alimenti si possono consumare con sicurezza solo se sono surgelati all’origine od abbattuti in cucina”.
Questa la tesi dell’editoriale “L’equivoco dell’asterisco. Il cibo di qualità non è solo quello fresco”, che il direttore di italiaatavola.net, Alberto Lupini, ha dedicato alla vicenda riportata, a fine agosto 2018, da numerosi media italiani assumendo una posizione in linea con quanto costantemente sostenuto dall’Istituto Italiano Alimenti Surgelati – IIAS.
L’uscita di questo editoriale rappresenta dunque l’occasione per ribadire le tesi da sempre sostenute in materia da IIAS. Prima, però, un breve quadro della situazione odierna.
Nel nostro Paese l’asterisco sul menù indica l’utilizzo da parte del ristoratore di prodotti congelati/surgelati per la preparazione di un determinato piatto. La presenza dell’asterisco non deriva da un obbligo di legge, ma da una giurisprudenza consolidata da decenni attraverso sentenze della Corte di Cassazione (quella emessa a fine agosto è la più recente), tutte basate sullo stesso presupposto: il consumatore/cliente del ristorante si aspetta che quanto gli viene servito sia preparato con materie prime/ingredienti freschi, senza la necessità che compaia il termine “fresco” accanto al nome del prodotto. Il ristoratore è perciò obbligato a precisare l’eventuale ricorso a materie prime/ingredienti congelati o surgelati apponendo un asterisco a fianco dei piatti che li contengono e richiamando una nota, in genere pubblicata a fine menù, che specifichi l’utilizzo di tali prodotti. Se non lo fa – conclude la Suprema Corte – il ristoratore incorre nel reato di frode in commercio, in quanto il cliente potrebbe essere ingannato rispetto alle proprie aspettative.
- La giurisprudenza italiana (che si ripete da oltre mezzo secolo) non tiene conto dell’enorme progresso tecnologico registrato nel campo della conservazione degli alimenti. Fino a qualche decennio fa la presenza dell’asterisco poteva forse essere giustificata dalla diffusione non ancora capillare dei prodotti surgelati e dalla scarsa conoscenza della tecnica di conservazione col freddo da parte del consumatore e degli stessi addetti ai lavori. Oggi la situazione è radicalmente cambiata.
- La tecnologia e la sicurezza alimentare hanno ribaltato le logiche che stavano alla base dell’apposizione dell’asterisco: infatti è concordemente riconosciuto che la conservazione alle bassissime temperature è garanzia di sicurezza e non compromette i requisiti nutrizionali e organolettici delle materie prime fresche impiegate nella preparazione. Lo stesso legislatore europeo ha disciplinato la fabbricazione dei prodotti surgelati introducendo regole, poi applicate in Italia e negli altri Paesi UE, che riguardano, fra l’altro, i requisiti delle materie prime, le modalità e le temperature che devono essere rispettate nel processo di fabbricazione, trasporto e conservazione dei prodotti surgelati.
- Molti ristoranti propongono menù con ingredienti non sempre disponibili nella stagione di riferimento; e anche quando provengano da fonti “limitrofe”, gli stessi ingredienti potrebbero non essere utilizzati immediatamente e quindi necessitare di un certo periodo di conservazione. Per questi motivi oggi sarebbe impossibile garantire un’offerta varia e qualificata, senza ricorrere a ingredienti/materie prime surgelate o all’uso dell’abbattitore.
In conclusione, IIAS continuerà a ribadire l’anacronismo di simili decisioni della Cassazione, non più rispondenti alle esigenze di una moderna ristorazione.