L’Italia che acquista e consuma
(conferme ed evoluzioni ed il trend dei surgelati)
Il cibo riveste per i consumatori delle diverse aree geografiche del nostro Paese un valore sempre molto particolare.
Nel corso del 2015 la ripresa dei consumi alimentari è stata guidata dal Centro-Nord, mentre ancora sostanzialmente stagnanti sono state le vendite al Sud.
Le indicazioni provenienti da una recentissima ricerca Ipsos disegnano un quadro di tendenze ben stabilizzate e orientate, in grado di fornire chiari indirizzi anche per l’anno in corso.
Per ciò che riguarda i driver che indirizzano quotidianamente la spesa alimentare restiamo su temi piuttosto tradizionali: freschezza e prezzo su tutti (71%), seguiti da gusto (53%) e tracciabilità delle materie prime (37%).
Le modalità di produzione preferite sono per il 58% quelle locali e regionali, con quote importanti per biologico (43%) e sostenibile (40%).
Le nuove abitudini alimentari consolideranno le scelte verso i freschissimi tenuto conto che nel 19% delle famiglie c’è almeno un vegano o un vegetariano, cui vanno aggiunti circa 300.000 persone che si indirizzano verso una dieta fruttariana o crudista.
Il confezionato ha comunque solide basi anche grazie ad una recente maggior attenzione verso diete particolari: infatti il 32% delle famiglie italiane ha almeno un componente intollerante a qualcosa: lattosio, glutine ma anche uova, lieviti, zinco e legumi.
Se poi aggiungiamo agli intolleranti coloro che seguono diete “free from” per loro personali convinzioni o necessità, è facile prevedere che l’ascesa dei lavorati senza glutine e dei prodotti senza lattosio (già oggi in crescita rispettivamente del 31% e del 15%) subirà un’ulteriore impennata.
Passando alle categorie negli ultimi dieci anni (complici anche i “nuovi” italiani) l’etnico è aumentato del 163%, mentre se da un lato c’è un forte interesse per i segreti dei fornelli e la cucina fatta in casa, continua a mostrare segnali confortanti la dinamica positiva dei piatti pronti (+134,1%).
Infine, l’innovazione alimentare per i consumatori sembra identificarsi sempre più con una vera e propria ricerca storico-geografica; infatti, il 20% la ritrova nei sapori regionali, un 14% la coniuga alla sostenibilità di filiera, mentre un 11% vorrebbe etichette maggiormente intelligibili ed esaustive;una buona quota (13%) la vede legata alla scoperta di nuovi gusti e sapori.
Più in linea con il significato classico di innovazione è invece la risposta che riguarda i settori, dove al primo posto compaiono i surgelati (37%) seguiti dai confezionati (32%); è interessante notare che l’innovazione maggiormente percepita nel settore dei surgelati è quella legata al concetto di sostenibilità all’interno delle nuove preparazioni.
Il tema dell’innovazione – pur nelle sue differenti declinazioni – torna prepotentemente al centro dell’attenzione del consumatore; tutte le più recenti ricerche confermano che circa un quarto del fatturato dell’industria alimentare (ben il 24%, pari a 28,8 miliardi di euro) è rappresentato da prodotti che presentano un alto contenuto di innovazione: la gamma del cosiddetto ‘tradizionale evoluto’ (tra cui troviamo, com’è ovvio, le molteplici referenze di prodotti surgelati). Si tratta di un dato di notevole importanza dal momento che poco più di 20 anni fa la situazione era ben diversa, con l’alimentare classico che copriva l’85 per cento del totale ed il “tradizionale evoluto” che, con un 15 per cento, cominciava timidamente ad affacciarsi nei consumi degli italiani. Ciò significa che nell’arco di un quarto di secolo l’aumento percentuale di questi prodotti è ammontato a circa il 50 per cento.
La nostra è una società in continuo movimento dove l’estremizzazione della mobilità ha portato ad una condizione nella quale non è il consumatore ad inseguire il cibo, ma è il cibo che insegue il consumatore. Mense, bar, luoghi di ristorazione, ma anche mezzi di trasporto come aerei, navi, treni o luoghi di sosta, come gli autogrill, sono tutti spazi nei quali il consumatore incontra il prodotto surgelato. Questo accade proprio per rispondere ad un bisogno del consumatore e cioè quello di un approvvigionamento veloce, sicuro in termini di qualità del prodotto, che comporta insieme la necessità da parte del ristoratore di una preparazione con modalità rapide e rispondenti alle norme sanitarie vigenti; inoltre, il surgelato è un prodotto di ausilio per le famiglie che, a causa dei cambiamenti socio-economici, hanno ridotto il tempo disponibile per la preparazione dei cibi.
Nell’ultimo periodo si registrano nuove tendenze che evidenziano la passione degli italiani per gli chef e la cucina, divenuta ormai un fenomeno da monitorare dove gli stessi chef sono assurti a modelli di riferimento sociale, e i cui risvolti hanno impatto sui comportamenti di acquisto e consumo dei prodotti alimentari.
Una recente indagine Nomisma ha evidenziato un aspetto degno di nota: le persone che seguono spesso i programmi televisivi sono più attente alla qualità dei prodotti che acquistano e alla loro origine; un trend che può ben intercettare l’offerta del surgelato che – grazie alla linea del freddo, al confezionamento che in genere avviene con prodotti a km0, alla supervisione e all’operato di addetti specializzati – garantisce il massimo della qualità e del mantenimento delle componenti organolettiche presenti nelle fasi di pre-lavorazione.
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