Conservare i cibi mediante il congelamento era uno dei sistemi adottati presso i popoli antichi ed era comunemente applicato, fin dai tempi più remoti, dagli indiani pellerossa del Nord America e dagli esquimesi che se ne servivano per conservare nel lungo periodo il pesce, genere alimentare di cui sono sempre stati grandi “produttori” e consumatori. Naturalmente per quei popoli era facile ricorrere a tale tecnica: gli strati più profondi degli enormi ghiacciai nordici e polari non si scioglievano nemmeno nei periodi estivi, comunque brevissimi. E si era presto scoperto che seppellendo in quel ghiaccio gli animali abbattuti o pescati, interi o in pezzi, questi si mantenevano intatti praticamente all’infinito.
Per questa ragione, all’inizio del secolo scorso, in un ghiacciaio perenne degli Urali furono scoperti i resti perfettamente conservati di preistorici mammut le cui carni, conservate nel ghiaccio per centinaia di migliaia di anni, fornirono in quell’occasione cibo per… i cani degli scopritori, che se ne nutrirono senza inconvenienti. La tecnica di conservazione sotto il ghiaccio era invece pressoché impossibile per le popolazioni delle latitudini più meridionali e più calde, eccetto quelle che abitavano nelle regioni montuose più elevate.
Tuttavia, anche nelle vallate e nelle pianure, l’osservazione immediata e ovvia che i cibi si conservino meglio al freddo che al caldo indusse le popolazioni a riporre le vivande negli angoli più freschi di grotte e caverne, nelle cantine, o a sospenderle in ceste nei pozzi, ovvero a lasciarle di notte sul davanzale della finestra, nonché ad immergerle, racchiuse in recipienti a tenuta ermetica, nel profondo delle acque vive di un torrente. E così via.
Per secoli si andò avanti nella conservazione dei cibi avvalendosi di metodi di congelamento o, per meglio dire, di refrigerazione rudimentali, finché, con lo sviluppo delle scienze e delle tecnologie, si giunse alla prima realizzazione industriale: nel 1842 fu depositato in Inghilterra un brevetto per la rapida congelazione del pesce mediante immersione in una salamoia mantenuta a bassa temperatura. Si trattava di risultati ancora da perfezionare finché, intorno al 1880, ebbe inizio la conservazione industriale degli alimenti grazie all’avvento delle prime macchine frigorifere. I risultati però, in termini di gusto e consistenza dei cibi una volta scongelati, si rivelarono deludenti.
La svolta che diede il via alla moderna industria dei prodotti surgelati fu impressa da Charles Birdseye, che nel 1928 presentò il primo sistema industriale di congelamento a contatto, capace di ridurre sensibilmente i tempi di raffreddamento. Naturalista nativo di New York, Birdseye aveva osservato le pratiche di pesca e di conservazione del cibo degli Inuit, popolazione eschimese di stanza nel Canada del Nord, che erano soliti mettere il pescato sotto ghiaccio, a circa -40°C. La combinazione di freddo e vento congelava istantaneamente o quasi il pesce. E una volta scongelato, rivelava un sapore e una consistenza del tutto simili a quelli di un cibo fresco.
Birdseye intuì così un concetto fondamentale: congelare il pesce appena pescato, e portarlo nel più breve tempo possibile alla temperatura di surgelazione, consentiva di mantenere intatte le qualità organolettiche (e nutrizionali) del prodotto fresco. Forte di questa intuizione, lo studioso decise di trasformarsi in uomo d’affari e cominciò a sperimentare i metodi migliori per congelare gli alimenti.
Negli anni Venti fondò la General Seafood Corporation mettendo a punto il metodo di congelamento a doppia cinghia: due nastri refrigerati di acciaio inossidabile su cui il pesce si muoveva congelandosi velocemente. Nel 1928 implementò il suo primo “freezer“, precursore dei moderni congelatori. Infine, la prova con il grande pubblico, che arrivò il 6 marzo 1930 quando in alcuni negozi di Springfield, Massachusetts, Birdseye offrì ai consumatori filetti di merluzzo e altri 17 tagli di carne e pesce, oltre a frutta e verdure come spinaci, piselli (“meravigliosamente verdi come li vedrete la prossima estate”, recitava la pubblicità), frutti di bosco, lamponi.
L’accoglienza fu entusiastica. Cominciò da qui una storia di grande successo che, nel giro di pochissimi anni, portò all’introduzione di scaffali refrigerati nei supermercati e, con il tempo, dei camion refrigerati, così da assicurare il trasporto dei prodotti sotto zero anche su lunghe distanze.
Agli inizi degli anni Cinquanta la maggior parte dei negozi di alimentari statunitensi aveva un reparto surgelati. Birdseye era diventato un importante imprenditore: la sua azienda di surgelati, la Birds Eye, esiste ancora oggi.
In Europa, nonostante un primo inizio nel 1935, l’industria degli alimenti surgelati ha conosciuto un sostanziale sviluppo solo dopo la seconda guerra mondiale, quando i surgelati sono entrati nelle case sotto forma di una vasta gamma di prodotti: carni, pesci, ortaggi, succhi di frutta, ecc.
In Italia, la cultura del cibo surgelato è arrivata negli anni Sessanta, portando anche nel nostro Paese grande innovazione nel settore alimentare, integrandosi via via con gli stili alimentari più classici delle nostre migliori tradizioni gastronomiche, introducendo elementi come comodità, velocità, facilità di conservazione, economicità pienamente rispondenti ai mutamenti sociali, economici, culturali che hanno connotato la storia del Paese.
Pochi dati al riguardo: nel 1960 i consumi di alimenti surgelati ammontavano a poche tonnellate, nel 2016 hanno sfiorato le 825 mila tonnellate; sempre nel 2016, ben il 95,5 per cento delle famiglie italiane ha consumato alimenti surgelati, con 5 segmenti a fare la parte del leone nei consumi (circa il 95 per cento del totale): vegetali, patate, prodotti ittici, pizze e snacks e piatti ricettati.
Se oggi gli alimenti surgelati sono un elemento imprescindibile della vita degli italiani, lo stesso – secondo alcune ricerche di mercato – continuerà ad accadere in futuro. La recente indagine Ipsos “Agroalimentare, falsi miti e nuove verità. Operatori e consumatori a confronto” conclude che due saranno le ragioni alla base del successo dei surgelati: il sempre maggiore contenuto di servizio richiesto nei prodotti alimentari e la crescente attenzione a com’è fatto il prodotto in termini di proprietà delle materie prime, di tracciabilità della provenienza e di produzione sostenibile.
Sono trend pienamente in linea con la filosofia produttiva del settore dei surgelati che, fin dalla sua nascita novant’anni fa, persegue con successo il connubio tra gusto e salute, tecnologia e rispetto dell’ambiente, modernità e tradizione.
Per approfondimenti leggi Consumi e tendenze nel 2016.